Il Grinch esiste – Omelia della notte di Natale

Santo Natale 2023

Il Grinch esiste veramente

Il Gringh esiste veramente.

Per chi non lo conoscesse il Grinch è una creatura fantastica, creata dallo scrittore Theodor Seuss Geisel, dall’aspetto umanoide, ma dal carattere rancoroso e irritabile ed è un misantropo ed un solitario. Durante la Vigilia – proprio in questo momento – il Grinch, vestito da Babbo Natale, va nelle case e ruba tutti i regali e gli addobbi della festa. Il Grinch ruba il Natale. 

Ora mi chiederete come fa ad esistere veramente un essere così, ebbene esiste e non abita lontano da noi, anzi, abita in noi. Siamo noi il Grinch ed ora scopriamo perché.

1. Siamo noi il Grinch ogni volta che il rancore, la rabbia, la delusione della vita prendono il sopravvento e determinano le nostre scelte. Ogni volta che ci chiudiamo allo stupore della vita, dall’avere uno sguardo di fiducia e speranza anche verso gli imprevisti. Ogni volta che l’altro diventa un’ostacolo e non opportunità. Ogni volta che non accogliamo le occasioni di bellezza perché troppo ripiegati su noi stessi. Il Grinch sta sempre rinchiuso nella sua caverna. Noi abbiamo le nostre caverne: zone buie, fredde e malsane in cui coviamo il risentimento verso la vita e questa negatività diventa pane e nutrimento. Amplifichiamo le nostre frustrazioni perché esse diventano le nostre uniche interlocutrici. Pensiamo che nessuno possa capire il nostro disagio, possa comprendere il nostro malessere. Si instaura in noi l’unico pensiero: solo io posso salvarmi. Quando, arrivati al culmine, usciamo dalla nostra caverna e respiriamo l’aria della libertà a cui non siamo più abituati, essa diventa per noi insopportabile. Usciamo nel giorno del Natale – inconscia speranza che possa essere anche il nostro natale, giorno della nuova nascita -, il giorno in cui, come dice il Profeta: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (Is 9, 1). Non siamo più abituati alla luce, alla gioia, alla letizia. Non possiamo immaginare che qualcuno sia venuto apposta per salvare me, proprio me, il Grinch che si autoruba il Natale e la sua stessa vita. Ma “un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9, 5): “Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli mi assomiglia. È Dio e mi assomiglia!” (Jean Paul Sartre).

2. Ma il Grinch che è in noi non si limita a questo, anche se già basterebbe. Ci rubiamo da soli il Natale quando non sappiamo più dare un senso alle cose e quindi le cose danno un senso a noi e da liberi diventiamo prigionieri. Le cose che usiamo, alla fine, usano noi, soprattutto in questi giorni di Natale. L’autore della favola, il Dr. Seuss, non a caso scrive la storia proprio per richiamare il rischio di ridurre il Natale a mero materialismo perdendone così lo spirito autentico.

Allora cerchiamo di sconfiggere il nostro personalissimo Grinch cercando di restituire un senso almeno alle cose di Natale.

Le luci: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). Questa luce vera, che Giovanni cita nel prologo, ma che anche Isaia richiama nella prima lettura e che nel Vangelo ascoltato avvolge i pastori, è il motivo per cui si accendono le luminarie a Natale. Dalle candele di una volta siamo passati ai più moderni Led e l’ipnosi delle lucine non ci fa più domandare il senso di questa decorazione: “sono belle, fanno festa”, diciamo. Ma non basta. La festa è la luce vera che è venuta nel mondo e noi accogliamo questa luce facendo festa.

L’albero di Natale: quando un tempo eravamo donne e uomini che vivevano di caccia e agricoltura, nei posti montani e nel nord Europa, l’inverno era il tempo della prova e della morte: la neve impediva di coltivare, gli animali erano in letargo o troppo pochi e troppo magri per dare un reale sostentamento. Tutta la natura era morta, solo un albero sopravviveva e svettava ergendosi verso l’alto, più forte di tutto anche dell’inverno: l’abete. Esso veniva venerato e addobbato, segno di speranza che la vita potesse superare la morte, che il freddo e il buio dell’inverno potessero lasciare presto il posto al calore e alla luce della rinascita della primavera. I cristiani hanno ripreso questo segno perché Gesù è la speranza che  non muore mai e riempie i cuori freddi e bui della luce e del calore di un Dio che si è fatto uomo per restituire all’uomo la sua dignità, in “questo santo scambio”, come recita l’orazione sulle offerte di questa messa, in cui Dio si fa uomo “per innalzare l’uomo accanto a sé nella gloria”.

I regali: la corsa più stressante dell’anno. Già dai primi di novembre tutti i negozi ci dicono di comprare e soprattutto cosa comprare. Le pretese sono sempre più alte, i regali devono essere all’altezza, non si possono deludere le aspettative. Il Natale è il giorno dei regali, non più il giorno della nascita del Signore. Eppure noi ci scambiano i regali per ricordarci l’un l’altro che il dono più grande lo ha fatto Dio a noi facendosi uomo (cfr. Joseph Ratzinger). 

Se Gesù smette di essere il senso del Natale – e natale vuol dire proprio giorno della nascita (di Gesù, in questo caso) – noi perdiamo il Natale. Se Gesù non è il dono di Natale più bello, cosa ne resta della nostra fede? E senza la fede il Natale dove trova significato?

Il Grinch ci ruba il Natale, ma siamo noi che glielo permettiamo, siamo noi che scegliamo di mettere o non mettere Gesù al centro. Le luci, l’albero, i regali possono portarci a Gesù o toglierci Gesù e quindi portarci ad essere marionette che seguono la logica del mercato, del commercio, della pubblicità: se togliamo il senso alle cose saranno le cose a dare senso a noi.

3. Dopo aver rubato il Natale il Grinch è soddisfatto e vuole solo godersi l’impresa, ma accade un fatto imprevisto: le creature del villaggio cantano e sono felici. Come è possibile? Cantano con allegria semplicemente perché stanno insieme, ci sono l’uno per l’altro. Perché il Natale non sono gli orpelli, ma la gioia di un’umanità visitata dall’amore che non delude e non illude. Dio viene ad abitare dentro i rapporti fraterni e si fa carne proprio nella comunione di chi sa esserci l’uno per l’altro: Dio si è fatto uomo per esserci per l’uomo. Il Grinch vedendo questo amore riconsidera la sua vita. Solo l’amore è capace di cambiare i cuori, soltanto l’amore da senso alla vita, soltanto l’amore fa crescere. Soltanto l’amore salva e noi siamo stati salvati dall’amore, dall’amore Dio che oggi si mostra in un bambino indifeso. 

Il Grinch ha scoperto il vero senso del Natale e restituisce tutti i doni. Il suo cuore, più piccolo di due taglie rispetto al normale, diventa tre volte più grande. Anche il nostro cuore può dilatarsi se siamo capaci di riscoprire il Natale, se scegliamo di uscire dalle nostre caverne, se smettiamo di volerci salvare da soli e ci lasciamo salvare dall’Amore. 

Ci vuole coraggio nell’amore. Sia nell’amare, sia nel lasciarsi amare. A volte bisogna andare oltre il razionale, il calcolo e persino le paure. Ma  è amore quando comprendo che questo è ciò che mi fa stare bene, a volte benissimo. Che mi fa dire sono tuo, sono tua. Il resto non conta. Questo è quello che ha pensato Dio scendendo dai cieli e facendosi uomo. Questo dobbiamo pensare noi guardando questo Bambino. Ma è anche quello che dobbiamo vivere, questo deve essere il nostro modo di amare, questa è l’unica possibilità per uscire dalla nostra caverna, questo è lasciarsi salvare dall’amore. Questo è il senso del Natale.